Non ne parla mai, evita da sempre quell’atroce
ricordo: 40 anni sono trascorsi ma le tragedie non si dimenticano mai.
Restano nitide quelle immagini nella memoria di Vito Borriello perché era
lì, alla stazione di Bologna, vissute da testimone visivo. Si sente un
sopravvissuto. Vito si trovava lì per fare il biglietto e rientrare nella sua
Lecce: un tempo si facevano le code agli sportelli. Quelle immagini che la
televisione ci rimanda con i colori un po’ sbiaditi: i crolli nella stazione
sventrata, il sangue e le barelle, le sirene e le urla di dolore: Vito le ricorda
insieme a quell’odore nauseabondo di fumo e di lacrime. Ce ne parla non
senza fatica, quasi a voler rimuovere il terribile momento, che si trascina
da tanti decenni. Oggi Vito è in servizio alle poste in Basilicata; di origine
leccese e rionerese acquisito.
“Nel 1980 vivevo a Bologna già da un paio di anni.” Inizia così il suo breve
racconto. “Ero arrivato dal Salento per studiare e poi ci sono rimasto molti
anni per lavorare, ho svolto diversi lavori e poi in Poste. Quel 2 agosto
avevo deciso di partire per le vacanze in Puglia, far ritorno dai miei
genitori che vedevo poche volte all’anno. Avevo già fatto il biglietto ed
intorno alle 10 ero in sala d'attesa per aspettare il treno. Pensai di
spostarmi un attimo in un'altra sala per avere informazioni più dettagliate.
Mi interessava sapere quanto avrei dovuto aspettare, dopo l'arrivo a
Lecce, per trovare la coincidenza col treno per Casarano e Gagliano. Ero in
fila e stava per arrivare il mio turno. Alle 10,25 sentii un botto di una
potenza terrificante, seguito da un altro dopo pochi secondi. Ho visto la
gente scappare senza capire in quale direzione per paura di altri scoppi.
Provenivano proprio dalla sala d'aspetto dove io ero solo qualche minuto
prima. E lì sono morte quasi tutte le persone in quella tragedia.”
C’è dolore da superstite nelle sue parole, non intende dire altro; siamo
usciti insieme dalla messa domenicale come ogni tanto accade. Non si
può aggiungere altro. Non si deve. Occorre riflettere, e pregare. Un anno
orribile quel 1980, conclusosi con il terribile sisma in Irpinia e Basilicata.
Quella del 2 agosto a Bologna rimane una tragedia assurda che ancora
chiede giustizia. Ottantacinque i morti ufficiali. E solo un mese prima, il 27
giugno, un aereo passeggeri, il DC9 Itavia, partito da Bologna e diretto a
Palermo, venne abbattuto (secondo altre versioni, esplose) nei cieli di
Ustica, causando 81 vittime. In poco più di un mese, 166 tra uomini,
donne e bambini innocenti sono stati uccisi senza un perché ancora
chiaro, senza i mandanti definitivamente scoperti. Nel libro “ Ustica e
Bologna. Attacco all’Italia ”, il giornalista d’inchiesta Paolo Cucchiarelli
mette insieme a mosaico la relazione tra le due stragi, dopo anni di lavoro
ed una mole di documenti, dichiarazioni e sentenze, inchieste giudiziarie e
giornalistiche, fotografie e tracciati radar. Per fortuna c’è chi la memoria la
tiene viva nella opinione pubblica, con libri ed inchieste necessarie. Fu
strage fascista premeditata ben più in alto. Alcuni nomi (che per disgusto
evitiamo di menzionare) sono stati da tempo assicurati alla giustizia, altri
sono ormai cadaveri eccellenti, a partire dal capo della loggia massonica
P2. Questa è cronaca passata alla storia, come tante altre devianze
cruente. Ma la memoria di Vito rimane ancora dolente. Quella folle
esplosione esala ancora tanta sofferenza.
Arte e cultura: da Rapone a Londra e Dubai Rapone. L’idea nasce da Marianna Pinto, una giovane manager di Rapone, da alcuni anni attiva con una grande azienda a Londra. Gira molto per l’Europa e non soltanto, dopo gli studi svolti a Bologna. E’ dunque intenzionata ad esportare il made in Italy, in particolare “una antica arte m a allo stesso tempo nuova che in Italia sta scomparendo: sculture e quadri ed elementi di interior design in ferro battuto.” Il fulcro della galleria e un artigiano/artista di Rapone, Pietro Lettieri in arte Pie.
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