Rionero in Vulture. Non poteva mancare un ricordo
particolarissimo di Beniamino Placido da parte di un
programma televisivo (Rai Educational). Capita spesso che
venga citato: Beniamino Placido ( Rionero in Vulture , 1º
febbraio 1929 – Cambridge , 6 gennaio 2010 ), “ maestro” della
opinione colta e profondo analista anche della letteratura e del
cinema, definito “il più grande critico che abbia saputo leggere
la televisione e il costume fra intelligenza e saggezza”. Nel
segmento dedicato dalla puntata, è stato puntualizzato anche il
contributo che Placido ha offerto ad una visione del costume
mediante il fenomeno televisivo, con i suoi saggi sul “perché
della televisione” negli scritti sul testo di Nanni Delbecchi “ La
coscienza di Mike ”; e quindi le polemiche di Vittorio Sgarbi
(ben prima che diventasse ciò che appare oggi in tv) che gli
aveva rivolto “E’ stato bello litigare con un critico come te”.
Certo Placido, nonostante la sua discrezione, lontano se
possibile dai riflettori, non si sottraeva dal dibattito culturale,
anche a costo di polemiche, come una volta con Giuliano
Ferrara. Oppure lanciare provocazioni come su Garibaldi,
asserendo che se avessero avuto la meglio i Borboni, oggi
brigante sarebbe stato definito Garibaldi, mentre eroe
nazionale Carmine Crocco, il brigante originario proprio della
sua cittadina, Rionero in Vulture, in Basilicata.
Bellissimo il duetto televisivo con il poeta potentino Vito
Riviello, mandato in onda dal TG3 di Basilicata.
I ricordi di Mimino, come lo chiamavano i parenti ed amici
rioneresi sono davvero tanti. Bruno Vorrasi (gestore storico del
cinema di Rionero) ricorda che a scuola era il più brillante. Al
liceo potentino si distingueva pure perché impartiva lezioni di
greco e latino agli studenti più giovani, ma non era di quelli che
oggi si definirebbero secchioni, tutt’altro. Sempre da studente,
marinava la scuola perché amava seguire i processi importanti
presso il Tribunale nei pressi del suo liceo.
Si ricordano le battaglie giovanili (alla maniera dei ragazzi della
Via Pàl di Molnar) sul Ponte di ferro, suo antico quartiere
rionerese che Placido narrò anche in un suo scritto sul
domenicale “Nautilus” (del quotidiano la Repubblica). Amava
molto leggere i classici, la letteratura francese e russa
(confermano i cugini Federico e Donato), e da adulto parlava e
traduceva correntemente dall’inglese, dal francese e dal
tedesco. Pare che riuscisse a leggere anche più libri
contemporaneamente, mediante una tecnica tutta sua. Ma la
lingua madre, il rionerese, cercava di custodirla gelosamente,
parlandola abitualmente nella sua casa romana e fra i parenti.
Rimane infatti proverbiale la sua cadenza lucana nelle brillanti
dissertazioni televisive, ove appariva come un Woody Allen
ante litteram.
Ecco perché converrebbe far rivedere anche alle nuove
generazioni quell'esemplare "Sedicitrentacinque" di qualche
lustro fa, in cui Placido sapeva raccontare con equilibrio il
nostro tempo, attraverso sequenze filmiche mirate.
Beniamino Placido è di quei personaggi cui si avverte la
mancanza in questo “tempo sbandato”, assenza come quelle di
Pasolini, di Flaiano, di Camus, di Bufalino, di Nicola
Chiaromonte (lucano di Rapolla), di Pratolini, per una rilettura
dell’epoca e magari l’indicazione della rotta.
In una lettera ad un quotidiano, un lettore scrive che conserva
l’abitudine, suggeritagli proprio da un articolo di Beniamino
Placido, di portare con se un libro tascabile, come faceva lui
stesso fin da ragazzo. Conclude che “spesso il significato degli
eventi si manifesta nei particolari. Placido mi ha insegnato ad
osservarli con gli occhi della mente, perciò non posso
dimenticarlo”. Invece nella sua cittadina di origine, nonostante
gli appelli di questi anni (intitolare una stradina verso il suo
“Ponte di ferro”) vada a scomparire nell’oblio, come mille altre
cose meritevoli di lode.
Arte e cultura: da Rapone a Londra e Dubai Rapone. L’idea nasce da Marianna Pinto, una giovane manager di Rapone, da alcuni anni attiva con una grande azienda a Londra. Gira molto per l’Europa e non soltanto, dopo gli studi svolti a Bologna. E’ dunque intenzionata ad esportare il made in Italy, in particolare “una antica arte m a allo stesso tempo nuova che in Italia sta scomparendo: sculture e quadri ed elementi di interior design in ferro battuto.” Il fulcro della galleria e un artigiano/artista di Rapone, Pietro Lettieri in arte Pie.
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