Schermi Riflessi di Armando Lostaglio: L’8 Dicembre
“Vergine Madre, figlia del tuo figlio / umile e alta più che creatura, / termine fisso
d’etterno consiglio, / tu se’ colei che l’umana natura / nobilitasti sì, che ‘l suo fattore
/ non disdegnò di farsi sua fattura. / Nel ventre tuo si raccese l’amore, / per lo cui
caldo ne l’etterna pace / così è germinato questo fiore”.
Anche in questo anno tragico, non poteva aprire con migliore grazia il messale per la
celebrazione cristiana dell’8 Dicembre, dedicata alla Immacolata Concezione, che
con il Canto del Paradiso di Dante (il XXXIII), dedicato a Maria. E’ la ricorrenza che
fa da preludio alla Festa per eccellenza, al Santo Natale, e non solo per i credenti.
La fiera cittadina, l’ultima dell’anno da queste parti, non si terrà per questa indefinita
emergenza; e quasi sempre era compromessa dal cattivo tempo: del resto, siamo con
l’inverno alle porte. E con l’8 Dicembre è giusto che si riapra lo scatolone dei pomi
colorati e delle luminarie, si tolga dal bustone l’albero sintetico e i più pazienti
iniziano diligentemente un presepe che stenta a prendere forma.
Mondino Paolella è l’artista lucano (di Rionero in Vulture) che è da anni il celebre
maestro di presepi artigianali, geniali e ruvidi come vuole che sia la tradizione
popolare. Ne fa una professione, di fede e di sussistenza, al punto che si riscontra in
ogni millimetro dell’opera quella impareggiabile nostalgia fuori dal tempo.
La festa che si preannuncia odora di questo, nonostante le contingenze non
consentano quella euforia ancestrale di comete e stelle filanti. Lasciamo ai bambini,
almeno a loro, quell’atmosfera anche un po’ onirica.
Fra non molto si incomincerà con lo scambio di quegli “auguri” talvolta formali, di
uso e di costume. Questo Natale dovrà essere davvero più sentito, chiude un anno
terribile. Eppure il compianto vescovo don Tonino Bello ci ha educati a quegli
“Auguri scomodi”, quando esclamava: “Carissimi, non obbedirei al mio dovere di
vescovo, se vi dicessi “Buon Natale” senza darvi disturbo. Io, invece, vi voglio
infastidire. Non sopporto infatti l’idea di dover rivolgere auguri innocui, formali,
imposti dalla routine di calendario. Mi lusinga addirittura l’ipotesi che qualcuno li
respinga al mittente come indesiderati. Tanti auguri scomodi, allora, miei cari
fratelli!...”
Ecco, evitiamoli se si può, se dovranno solo avere l’idea della convenzione, della
forma svuotata di significato. Sosteniamo con il sommo Dante il supremo sguardo
verso l’Alto; noi piccoli cercatori di sollievo e di emozioni, suffragheremo e ci
reggeremo nel verso di Montale:
“Ti guardiamo noi, della razza / di chi rimane a terra”.
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